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Eugenio Gignous (Milano 1850 - Stresa 1906) VENEZIA olio su tela, cm 27x46 firmato in basso a sinistra retro del telaio: timbro della Mondial Gallery di Milano   VENICE oil on canvas, 27x46 cm signed lower left on the reverse of the stretcher: stamp of the Mondial Gallery of Milan   Provenienza Mondial Gallery, Milano, 1965 Collezione privata   Allievo della scuola di paesaggio di Luigi Riccardi dal 1864 al 1869 presso l’Accademia di Brera, il lombardo Eugenio Gignous, discendente da una famiglia dell’antica provincia francese del Delfinato, si distinse presto per l’abilità di dipingere dal vero durante le uscite didattiche compiute con i compagni di studi Achille Tominetti e Luigi Rossi. L’amicizia con Tranquillo Cremona e l’incontro con paesaggisti del calibro di Filippo Carcano e di Guglielmo Ciardi contribuirono ad affrancarsi dal rigore accademico raggiungendo una condotta più libera e a sviluppare quel suo stile, tanto apprezzato oggi come dai suoi contemporanei, caratterizzato da un'attenta ricerca per gli effetti naturali della luce attraverso pennellate vibranti e sfrangiate. Alla mostra di Brera del 1877 ottenne un importante riconoscimento con l’acquisto, voluto dalla stessa Accademia per la sua raccolta, dove tuttora si trova, della tela I fiori del chiostro. L’opera venne realizzata in un momento di cambiamento stilistico essenziale alimentato dagli stimoli avuti grazie a un rapporto stretto con Filippo Carcano. Fu proprio in compagnia del caposcuola del naturalismo lombardo che Gignous iniziò a frequentare la zona del lago Maggiore, dove si trasferirà con la famiglia nel 1886, di Gignese e del Mottarone, condividendo i risultati raggiunti con altri colleghi amanti degli stessi luoghi, da Mosè Bianchi a Leonardo Bazzaro a Uberto Dell’Orto. Lo studio delle mutazioni luminose e dei riverberi sull’acqua lo spinsero a dedicarsi anche a delle marine recandosi prima in Liguria e poi a Venezia, meta fondamentale, come è saputo, per numerosissimi pittori. In quella città Gignous vi soggiornò per la prima volta a inizio anni Ottanta producendo diversi esempi di notevole livello, alcuni dei quali vennero presentati all’edizione annuale della rassegna braidense tenutasi nel 1882. In quella circostanza l’artista espose quattro vedute veneziane, segnalate dalla critica coeva per la loro limpidezza e per quell’intonazione fina tipica del suo pennello. Ne abbiamo un esempio in questa opera che ritrae il luogo più celebre della città visto dal mare, piazza San Marco, con il campanile che svetta tagliando la linea orizzontale degli edifici che si affacciano sulla laguna tra cui, al centro, Palazzo Ducale alla cui sinistra si apre lo scorcio attraverso il quale si intravede la maestosità della basilica con le sue cupole. Il colore roseo di Palazzo Ducale, reso opaco dalla luce sopita, riprende quello delle nubi che coprono il cielo. Grazie all’utilizzo di tonalità chiare e argentee, l’autore si cimenta in un’attenta indagine delle variazioni dei riflessi di luce sull’acqua della laguna, solcata dagli immancabili gondolieri e dai barconi coperti.   E.S.

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